I dolci tipici della tradizione regionale saranno presenti in quasi 6 tavole su 10 (58%) con un aumento degli acquisti dell’11% rispetto allo scorso anno. È quanto emerge dall’indagine Coldiretti/Ixè su “Il Natale sulle tavole degli italiani” presentata in occasione dell’Assemblea nazionale della più grande organizzazione agricola d’Italia e d’Europa, a Palazzo Rospigliosi a Roma, dove i cuochi contadini hanno portato le specialità locali dei diversi territori.
La crescita dei dolci a km zero è il simbolo di una nuova attenzione alle tradizioni del proprio territorio anche se il re delle feste resta il panettone, presente nel 78% delle case, davanti al pandoro (73%). Ma c’è anche un 41% di italiani che ha scelto di preparare da sé i dolci tipici del Natale, una attività che è tornata ad essere gratificante all’intero delle famiglie, anche con il coinvolgimento dei bambini, secondo Coldiretti/Ixè.
Da Nord a Sud del Bel Paese le curiosità sono moltissime e tutte fortemente legate alla tradizione locale dei territori d’Italia. In Basilicata non possono mancare i calzoncelli di pasta fritta con ripieno di mandorle e zucchero oppure castagne e cioccolato, in Calabria si consuma la pitta “mpigliata” con la sua caratteristica forma a rosellina (o rosetta). In Campania è il tempo di roccocò e susamielli, mentre in Puglia troviamo le cartellate baresi, nastri di una sottile sfoglia di pasta, unita e avvolta su sé stessa sino a formare una sorta di “rosa” impregnata di vincotto tiepido o di miele, e poi ricoperte di cannella, zucchero a velo oppure mandorle.
Al nord in Friuli torna la gubana, una pasta dolce lievitata, con un ripieno di noci, uvetta, pinoli, zucchero, grappa, scorza grattugiata di limone, dalla caratteristica forma a chiocciola, in Emilia Romagna la spongata ripiena di miele, uva passa, noci, pinoli, cedro, in Liguria del pandolce (impasto di farina, uvetta, zucca candita a pezzetti essenza di fiori d’arancio, pinoli, pistacchi, semi di finocchio, latte e marsala ) e in Lombardia, dove troviamo il Panun de Natal, un dolce ricco di frutta secca e molto profumato fatto con il grano saraceno e che può avere la forma di un filoncino leggermente appiattito o più raramente di una pagnotta rotonda, rigonfia al centro. Non mancano specialità, infine, nelle isole come in Sicilia con i buccellati di Enna (dolci tipici ripieni di fichi secchi).
Ma ogni regione offre le sue specialità come in Valle D’Aosta il Flantze, in Piemonte il Crumbot, in Veneto la Pinza, in Trentino lo Zelten, in Toscana il Panforte, nelle Marche il Frustingo, in Umbria il Pampepato, ne Lazio il Pangiallo, in Abruzzo il Parrozzo, in Molise il Cippillati di Trivento e in Sardegna il Pabassinas.
Si tratta di specialità che arricchiscono le tavole delle Feste presenti nel periodo natalizio anche nei menu del periodo di Natale nei tanti agriturismi diffusi lungo il territorio impegnati a conservare nel tempo le tradizionali alimentari del territorio.
I DOLCI PIÙ GETTONATI A NATALE
1. Panettone 78%
2. Pandoro 73%
3. Dolci della tradizione locale 58%
Indagine Coldiretti/Ixè
IL DOLCE DI NATALE TRADIZIONALE DEL LAZIO
PANGIALLO – Meglio noto come pangiallo romano è un dolce che ha la sua origine nell’antica Roma e più precisamente durante l’era imperiale. Era, infatti, un’usanza di quei tempi distribuire questi dolci dorati, durante la festa del solstizio d’inverno, in modo da favorire il ritorno del sole. Il tipico pangiallo romano ha subito numerose trasformazioni durante i secoli a causa dell’espansione dei confini territoriali e dell’incremento nella comunicazione tra le varie regioni italiane. Tradizionalmente il pangiallo veniva ottenuto tramite l’impasto di frutta secca, miele e cedro candito, il quale veniva in seguito sottoposto a cottura e ricoperto da uno strato di pastella d’uovo. Fino a tempi molto recenti nella preparazione del pangiallo le massaie romane mettevano i noccioli della frutta estiva (prugne e albicocche) opportunamente essiccati e conservati, in luogo delle costose mandorle e nocciole.