Il 21 novembre in tutta Italia si festeggia la Giornata Nazionale degli Alberi e le loro indispensabili capacità che permettono la continuità della vita: assorbire l’anidride carbonica e rilasciare ossigeno, prevenire il dissesto idrogeologico e proteggere la biodiversità.
Dal punto di vista culturale, poi, gli alberi sono sempre stati simboli in diversi ambiti umani. Pensiamo all’ulivo e alla pace, alla Palma e alla regalità, al castagno e all’alimentazione delle popolazioni povere, ai cipressi con la morte etc. etc.
Non possiamo immaginare un mondo senza alberi. Ed è decisamente vero che normalmente proviamo un sentimento di stupore e “affetto” verso questi abitanti della terra “silenziosi quanto indispensabili”.
Oggi festeggiare gli alberi vuol dire festeggiare e tutelare non solo i loro significati culturali, ma anche la loro funzione: la sola tutela degli alberi già in vita contribuisce a ridurre le emissioni di CO2 di 7 miliardi di tonnellate all’anno entro il 2030: sarebbe come se improvvisamente sparissero dalle strade 1,5 miliardi di automobili alimentate a gasolio.
La “Festa degli Alberi”, oggi, mantiene inalterato il valore delle sue finalità istitutive che sono sempre più attuali e rappresenta un importante strumento per creare una sana coscienza ecologica nelle generazioni future che si troveranno ad affrontare problemi ed emergenze ambientali sempre nuovi e su scala globale.
Non ci facciamo caso, li vediamo ma non li osserviamo veramente, eppure gli alberi sono fondamentali per l’esistenza di tutti noi. Non è solo una funzione biologica essenziale per il pianeta e la biosfera in generale, ossia produrre ossigeno e catturare anidride carbonica, ma anche paesaggistica per il benessere psicofisico degli esseri umani e ecologico nello strutturare ecosistemi preziosi.
Osservando dalla cima di una collina il paesaggio italiano, potremmo renderci conto di quanto gli ecosistemi forestali, spesso distanti tra loro, in realtà, grazie a filari di alberi, piccoli lembi boschivi, conservati e strappati alla urbanizzazione, possono rimanere in collegamento consentendo agli animali di attraversare territori antropizzati. Funzionano come corridoi ecologici funzionali alla tutela della biodiversità in primo luogo genetica, permettendo il flusso di individui e quindi di geni nelle popolazioni animali che si riproducono. Inoltre gli alberi sono funzionali alla tutela e rigenerazione delle risorse naturali: aria, acqua e suolo. Attraverso le radici, in un “dialogo chimico”, si scambiano informazioni, lottano per ottenere condizioni migliori, collaborano anche tra specie differenti: davvero un super organismo stupefacente!
Oltre a tutto ciò, come ricordavamo, l’aspetto terapeutico per la psiche umana non va assolutamente dimenticato. La bellezza che un “foliage” regala, la neve che in inverno ammanta i rami spogli, la germinazione simultanea in primavera ed il fresco verde che regala ombra in estate, ci danno una misura di quanto vorremo esprimere.
Cosa sarebbe d’altronde il paesaggio toscano senza i cipressi, le nostre Alpi senza le successioni di boschi secondo le altitudini, le montagne peninsulari con i maestosi boschi misti, le foreste mediterranee e dei climi caldi che possiamo trovare sulle nostre piccole isole? Cosa sarebbe il massiccio del Pollino senza i pini loricani o la Sila senza i giganti? Cosa le isole Tremiti senza i pini d’Aleppo, gli Appennini centrali senza le foreste di faggio o il casentino senza gli enormi abeti? Si potrebbe proseguire a lungo in questo elenco della bellezza. Un fatto è certo. Senza gli alberi l’unicità del paesaggio italiano non esisterebbe. E non esisterebbe neanche l’arte. Se potessimo osservare ad esempio nella storia della pittura quanti capolavori contengono elementi arborei, non potremmo ignorare quanto essi hanno dato all’estro di artisti rinomati.
Oggi quindi festeggiamo gli alberi. Ci regalano ossigeno ma soprattutto sono compagni indiscussi ed essenziali della nostra esistenza!
Addio a 100 milioni di piante da frutta
Addio a oltre 100 milioni di piante di frutta fresca in Italia negli ultimi quindici anni con la scomparsa che riguarda tutte le principali produzioni, dalle mele alle pere, dalle pesche alle albicocche, dall’uva da tavola alle ciliegie, dalle arance alle clementine mentre in controtendenza tengono solo il cedro e il bergamotto. Una vera e propria strage che sta provocando la desertificazione dei territori nelle regioni italiane con drammatici effetti sui consumi nazionali e sul clima, l’ambiente, il paesaggio e la salute degli italiani.
Complessivamente la superficie italiana coltivata a frutta si è ridotta a 560mila ettari con la perdita di oltre centomila ettari rispetto a 15 anni fa con conseguenze sul primato produttivo nazionale in Europa che si estende dalle mele alle pere fresche, dalle ciliegie alle uve da tavola, dai kiwi alle castagne fino al cedro e al bergamotto.
La situazione peggiore si registra sulle arance, con 16,4 milioni di alberi abbattuti, sulle pesche, dove sono scomparsi quasi 20 milioni di piante, e sull’uva, dove mancano all’appello 30,4 milioni di viti, secondo la stima Coldiretti. Pesante anche la situazione per nettarine e pere dove ne sono spariti rispettivamente 14,9 milioni e 13,8 milioni.
Un trend pericoloso anche dal punto di vista ambientale con degrado e all’abbandono che favorisce le alluvioni e le frane. A preoccupare è anche l’impatto climatico: le coltivazioni, come le foreste, possono generare benefici ecosistemici che non sono solo la rimozione di CO2 ma, ad esempio, il miglioramento della biodiversità e della qualità dell’aria, secondo un’analisi di Rete Clima. Una pianta adulta è capace di catturare dall’aria dai 100 ai 250 grammi di polveri sottili e un ettaro di piante elimina circa 20 chili di polveri e smog in un anno. In altre parole, quindi con la strage di piante da frutto è venuta a meno in Italia la capacità di assorbimento di ben 2 milioni di chili di inquinanti all’anno.
A pesare è l’impennata dei costi di produzione che ha colpito tutte le fasi dell’attività aziendale ma anche i cambiamenti climatici con il moltiplicarsi di eventi estremi che hanno decimato i raccolti. A causa del surriscaldamento sono arrivati parassiti “alieni”, mai visti prima, che si sono accaniti sulle produzioni nazionali, dal cinipide galligeno che ha decimato le castagne alla Tristeza degli agrumi e molti altri come testimonia la recente la biblica invasione nel Nord Italia della “cimice marmorata asiatica”.
“Ma a colpire il settore è anche la concorrenza sleale delle produzioni straniere ed è necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute, secondo il principio di reciprocità” ha concluso il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare l’importanza dell’innovazione con la sviluppo dell’agricoltura 4.0 e di nuove varietà resistenti grazie alle Nbt.